La storia di Irene
Il 25 Novembre l'ONU ci invita a sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema della violenza contro le donne.
La storia di Irene, quella che ci racconta Cristina Obber ne La ricompensa, non è solo una storia di violenza. È forse prima di tutto questo che bisogna capire quando si cerca di parlare alle donne e all'intera società civile di un tema così complicato. Se i media raccontano di casi di violenza domestica, di stalking, di aggressioni, di stupri, di omicidi, tutti i riflettori sono puntati sull'atto violento. La donna si appiattisce a vittima, l'uomo a carnefice. Non che non lo siano, ma il rischio è una caricatura in cui la vita non si rispecchia. Il mondo appare semplice quanto tremendo, e nessuno da casa si riconosce in quelle storie: "non a me".
La ragione è che dentro le mura domestiche una storia di violenza non è quasi mai solo una storia di violenza. Tante volte è anche una storia d'amore, quasi mai è una storia isolata. Si intreccia con tante altre storie, più o meno belle, più o meno confortanti. Uno dei molti pregi del libro di Cristina Obber è proprio la profondità delle vicende narrate, costellate di vivissimi personaggi dalle molteplici sfaccettature. Personaggi veri.
Innanzitutto Irene. Fin da bambina sveglia e indipendente, tra i suoi fratelli era la più indisciplinata, quella che "a volte faceva apposta a sbagliare per mettere in crisi suo padre. Aveva sempre mostrato un carattere deciso; alle superiori era stata attivista del movimento studentesco, in ospedale era subito entrata nel sindacato. Non aveva paura di niente e di nessuno, e da quando papà non c’era più, alle cose importanti della famiglia pensava sempre lei." Ora ha quarant'anni e vive cercando alcune volte di soffocare, altre volte di ascoltare "una latente percezione di solitudine" che forse non la abbandonerà mai. Quando ricorda suo padre "la nostalgia si fa spazio come terra che si schiude all’onda di un sisma". Ma la delusione che prova nei confronti della famiglia, delle amicizie, del lavoro, si nutre in realtà di "altre incertezze":
"Succede, a volte, di provare una grande attrazione per qualcuno che poco ha a che fare con i nostri valori, le nostre abitudini, le nostre passioni. Che sia chimica, follia, istinto animale poco importa. Ciò che importa è che spesso, invece di dare alle cose il proprio nome, ci si affanna a interpretarle nel modo più indolore possibile, per non mettere in discussione la propria dignità, per tener fede a dogmi e precetti dai quali ci si sta svincolando, senza volerlo ammettere. (...) Si forniscono alibi, giustificazioni, si cercano attinenze che non esistono ma alle quali ci si aggrappa come polpastrelli in una scalata che renderà difficile sgretolare poi la roccia, pena il precipizio."
Succede anche a Irene. Irene bella e intelligente, tanto da essere capace di intraprendere "un percorso di autocritica" per ridimensionare la sua "innata presunzione", quella che l’aveva sempre portata a "guardare con sufficienza tutto ciò che fosse frivolo e popolare", la sua famiglia innanzitutto. Pierangelo, "il fratello stupido", forse tanto stupido non è: conosce i suoi limiti e non cerca di essere diverso. Forse anche Consuelo, la Bratz in pelliccia sintetica zebrata fidanzata con Pierangelo, non è quella strega dai capelli rosa che si rifiuta di onorare le regole della casa che la ospita, come Irene è subito pronta a pensare quando la incontra per la prima volta.
E così via, attraverso una galleria di personaggi rumorosi e colorati, umili e generosi, ingenui e affiatati.
Fino a lui, Alfredo. Quello che tutte noi vorremmo che fosse il più meschino degli uomini, e invece forse è solo un uomo. Lui che si scopa la moglie ubriaco, a notte fonda, "fantasticando su due puttane che si è fatto a New York dieci anni prima e che ancora lo raggiungevano quando ne aveva bisogno. Potenza della suggestione, pensava. Potenza di certe troie, ridacchiava con gli amici."
Lui che ha capito perfettamente come gestire Irene:"Con Irene bisognava diluire. In un litro di silenzio le sue pretese si disperdevano lente, giorno dopo giorno, goccia dopo goccia. La rabbia lasciava spazio a nuove apprensioni che stendevano ligie il tappeto della riconciliazione, nell’attesa di un nuovo incontro."
Alfredo sa che se fosse sincero con Irene lei lo lascerebbe. E lui non lo sopporterebbe.
"Aveva scelto per entrambi quello che gli sembrava il male minore, sapendo di mentire, illudendosi che se le verità restano pensieri, se nemmeno provi a sussurrarle, perdono consistenza. La verità non svanisce, è roccia, diceva Irene. Ci puoi passare accanto guardando altrove, ma lei sta lì, in attesa che tu appoggi la tua mano per sorreggerti."
La ricompensa è quello che secondo Alfredo merita Irene.
Ogni sera, per riuscire a dormire, Alfredo fantasticava. Di stendere il cadavere di Irene sul tavolo di una sala operatoria e farla a pezzi meticolosamente e freddamente come in fondo lei aveva fatto a pezzi lui. O di aspettarla sotto casa, nel vano scale, tra le cantine e l’ascensore, per cingerle al collo la stessa cravatta con la quale avevano giocato spesso, a letto. Fantasticava, sulla paura nei suoi occhi, su suppliche e disprezzo, sull’espressione contratta che le avrebbe lasciato sul volto. Fantasticava, e si addormentava sereno.Da oggi puoi acquistare La ricompensa su Bookrepublic. Questo è un crosspost.